VILLE VENETE IN PROVINCIA DI ROVIGO
Il grido di villa Nani Mocenigo soffocato da incuria ed abbandono
La proprietà ha deciso di tenere tutto chiuso e non rinnova la convenzione con il Comune di Canda "Non mostra alcuna intenzione di cura nei confronti del parco e dell’edificio". Per Micol Andreasi non concede speranze
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I cancelli di ferro sono chiusi da tempo e non per colpa del Covid-19. Nemmeno il parco, fino all’anno scorso, utilizzato per le manifestazioni estive, è accessibile. L’erba vi cresce alta. Le statue che lo arricchivano, colpite dai vandali e decapitate nell’autunno scorso, troneggiano nel loro stato totale di abbandono. Hanno perso ogni potere attrattivo. Per loro solo pietà. E magari ce ne fosse…


La proprietà, fino a qualche giorno fa un istituto bancario con sede a San Marino (indiscrezioni dicono che sia stata venduta ad un privato), ha deciso così. Chiude i cancelli, non rinnova la convenzione con il Comune per le manifestazioni, non mostra alcuna intenzione di cura nei confronti del parco e dell’edificio. Non concede speranza alle attese o aspettative di chi quel luogo lo ama da sempre. E pensare che solo pochi giorni fa il battello La Rossoblu ha cominciato a navigare proprio davanti alla villa di Canda, scommettendo su un turismo lento che, lungo i canali della Mesopotamia d’Italia e le sue piste ciclabili, trova la sua opportunità, svelando paesaggi, architetture storiche e monumentali, pezzi di identità del luogo.
A Canda, villa Nani Mocenigo testimonia di quando la Serenissima favorì per i suoi nobili l’acquisto di molti poderi nell’entroterra, con l’unico vincolo di bonificare l’area e renderla produttiva. Accadde così che la nobile famiglia Nani acquistò un lotto in località Canda e, come era consuetudine, commissionò ad un noto architetto la realizzazione della sua dimora estiva, espressione in loco della “Venustas” o autorevolezza della famiglia. Era il 1580. A realizzare la prima parte della villa di Canda, con pianta quadrangolare e facciata sud decorata ad affresco, pare fosse proprio il più illustre allievo di Andrea Palladio, Vincenzo Scamozzi. Purtroppo non si possiedono documenti ufficiali che attestino tale incarico, ma gli studiosi sono concordi nel riconoscerne la paternità.
Poi nel corso del ‘700 un secondo corpo di fabbrica venne aggiunto al primo dando alla struttura un’originale pianta a T. Come una quinta teatrale, la nuova facciata sud si ergeva maestosa sul corso d’acqua, secondo il più bel gusto barocco. Tante piccole teste d’ercole, aggiunte alle chiavi di volta delle finestre e delle porte, servivano ad armonizzare il più sobrio intervento cinquecentesco con il nuovo. Dentro, fino a qualche anno fa, si potevano ammirare gli affreschi attribuiti al quadraturista Girolamo Mengozzi Colonna (1688-1772). E nella sala delle virtù era bello rileggere la celebrazione di Venezia, dove Fortezza, Prudenza, Giustizia e buon Governo avevano sede.
Le statue nel parco, in pietra dei Berici a soggetto mitologico, il pozzo, la ghiacciaia, la cappella gentilizia e la cinta muraria e gli alberi secolari sono parte integrante della storia di Villa nani Mocenigo, poi Bertetti. E della storia della comunità di Canda che da sempre si identifica con la sua villa e con le tante leggende che la abitano.
Il cielo del tramonto rosseggia sul campanile storto di San Michele Arcangelo a Canda. Ci si attende un giorno nuovo e sereno. Questa è la speranza di chi sa che non esiste progetto di sviluppo del territorio, se del territorio si perdono memoria e bellezza.
Micol Andreasi
Articolo di Venerdì 26 Giugno 2020
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